I miei Natali   Leave a comment

Da bambina aspettavo con trepidazione le feste di Natale, per me erano un avvenimento! La mamma sin dal primo giorno d’avvento iniziava a comperare i ‘chicchi’ per addobbare l’albero.

I chicchi erano dei piccoli dolci di cioccolato, ossia: babbi natale, animaletti, casine, monetine, torroncini; tutti ricoperti con la carta dorata lucente. La neve la creava lei mettendo del cotone idrofilo sparso sui rami. Le candeline erano vere. Di solito le accendeva lei perché erano pericolose.

Infatti un anno, in assenza della mamma, mio fratello Oriano le infiammò e l’albero prese fuoco.Fortunatamente con l’acqua riuscì a domare il piccolo incendio, ma ormai l’albero era rovinato e quell’anno restammo senza. A me dispiacque molto. Quel Natale privo delle tinte sfavillanti dell’abete mi sembrò triste e scolorito.

La vigilia andavamo tutti alla Santa Messa di mezzanotte nella chiesa grande “la collegiata”.

Era tutto così suggestivo… con l’odore forte d’incenso, l’organo che suonava “Tu scendi dalle stelle”!

Non vedevo l’ora che scoccasse la mezzanotte per vedere il Bambinello posto nella mangiatoia del presepe.

All’uscita della Chiesa ricordo: la notte buia, il freddo pungente, il cielo stellato, un’atmosfera magica, da favola, surreale, mi sentivo così vicina a Gesù Bambino… Grazie forse alle suore che mi avevano preparata spiritualmente.

Il giorno di Natale il pranzo era come un rito che ogni anno si ripeteva sempre uguale a se stesso: la tavola apparecchiata con la tovaglia bianca, i piatti quelli buoni di porcellana decorati con un filo d’oro, i bicchieri a calice. In mezzo il fiasco di vino rosso.

Il famoso Chianti lo bevevamo solo per le ricorrenze più importanti. Il mio papà Gianni diceva che era pregiato, infatti gli altri giorni sulla tavola c’era la bottiglia di vino bianco sfuso.

Io e mia sorella Maria Rita mettevamo sotto il piatto di papà le letterine d’auguri. Ricordo bene la sua espressione compiaciuta mentre leggeva i nostri proponimenti di essere buone, studiose e così via. Finito di leggerle ci dava 100 lire per uno. Poi tutti contenti iniziavamo a mangiare.

Il menù era questo: per primo il brodo schietto, poi i tortelli al sugo di carne, fatti a mano dalla mamma (Che buoni!). Di secondo il pollo, il coniglio e i cardi fritti, per contorno la bieta lessa.

Infine non poteva mancare come dolce il panforte “Sapori Margherita” accompagnato dal vin santo. La festa finiva sempre in allegria specie per noi bambini, anche perché i nostri genitori quel giorno ci permettevano di bere un “goccino”.

Ma non era finita lì! C’era poi l’attesa della Befana.

La vigilia dell’Epifania, mentre noi bambini dormivamo, la mamma disfaceva l’albero e divideva i chicchi in tre piccoli cestini ai quali aggiungeva: befanini (piccoli biscotti fatti da lei di varie forme di animali), arance, mandarini, noci, mandorle, fichi secchi e li metteva ai piedi dei nostri letti assieme ai giocattoli.

Al mattino al risveglio, sorpresa!!! Quanto ben di Dio! E come era stata buona la Befana!!!

Come dice il proverbio che, l’Epifania tutte le feste se le porta via, mi veniva sempre un velo di tristezza, ma poi mi consolavo pensando alle feste successive che sarebbero state quelle pasquali. E anche la Pasqua era altrettanto bella e sentita!

Pubblicato 21 novembre 2011 da Anna Maria Berni in Uncategorized

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